Sono cresciuto in un piccolo paese di provincia, 30mila anime, all’epoca c’erano un paio di negozi che vendevano scarpe e una decina di calzolai. Le scarpe prevalentemente si riparavano. Oggi quel paese di provincia è diventato una città, quasi centomila anime, i negozi che vendono scarpe si sono moltiplicati a cui si aggiungono svariati centri commerciali con le loro catene di negozi e il mondo online. I calzolai? Ne è rimasto forse uno, massimo due, il cui core business non è più la riparazione delle scarpe, ma la vendita di accessori in pelle e cuoio, zainetti, cinte, portafogli. Oggi le scarpe si consumano e si cambiano. Personalmente consumo male il tacco e la suola. Quando arrivo ad un punto di non ritorno le cambio con delle nuove.
Peccato che non ci sia più il calzolaio e si sia persa la cultura del riparare, un processo che si può notare in tutti i settori. Nel nostro mondo, ad esempio il gommista, fino a 10/15 anni fa gli pneumatici si riparavano, il core business del gommista era la riparazione con dei margini enormi. L’industria dello pneumatico è cambiata, le produzioni ad est hanno fatto sì che i prezzi del nuovo siano scesi ed anche nel mondo gomma piano piano in pochi anni si sia persa la cultura della riparazione per la vendita di nuovi pneumatici. Il core business, in ogni settore, si sposta inesorabilmente dalla riparazione alla vendita, la competizione ed i prezzi scendono limando il margine ed il gommista deve aggiungere altri prodotti al suo catalogo, borchie, cerchi, tergicristalli. Nonostante le macchine continuino e continueranno a “rotolare” sugli pneumatici, il gommista, preso ad esempio, vede il suo lavoro scemare e trasformarsi rapidamente, le normative lo portano a lavorare due periodi all’anno prevalentemente e il futuro del suo lavoro è decisamente incerto, nonostante in prospettiva macchine che volano non si prevedono nel breve. Mi domando altresì come mai con auto sempre più tecnologiche ed elettriche, già da anni la figura dell’elettrauto sia sparita. Tutte le attività si stanno trasformando, è il consumatore a cambiare, ma nessuno o pochi riescono a indicare al nostro cliente la strada corretta per non perdere ciò che sanno fare e trasformarlo, evolverlo e portarlo verso nuove opportunità. A mio avviso la cultura della riparazione non è morta, si è trasformata e solo chi saprà guardare avanti senza perdere di vista le proprie radici potrà crescere e cogliere il nuovo che avanza. Se anziché spender soldi per nuove scarpe ogni stagione, andassi da un ortopedico, probabilmente riuscirei a scoprire che il mio problema non è nelle scarpe e nella loro qualità, ma in un ginocchio valgo, un bacino disassato, un'anca più alta dell’altra. L’ortopedico, un professionista, non avrebbe visto al tacco della mia scarpa o alla suola fine a sé stessa, come un pezzo da cambiare, ma attraverso gli strumenti in dotazione nel suo studio mi diagnosticherebbe uno o più problemi alla mia postura.
Nella migliore delle ipotesi mi prescriverebbe una soletta da inserire nella scarpa, nella peggiore un intervento chirurgico. Le mie scarpe avrebbero vita più lunga, la mia schiena, le mie cartilagini lavorerebbero meglio e la mia salute migliorerebbe, spenderei qualcosa in più per la visita ma risparmierei in salute e scarpe per il resto dei miei giorni. I nostri clienti devono evolversi, cambiare, recuperare la loro capacità artigianale e trasformarla in professionismo, devono porre più attenzione al cliente, come un ortopedico. Ma per farlo hanno bisogno di qualcuno che li accompagni nel processo di trasformazione. I costruttori di attrezzature devo rivedere la loro vision e la loro mission, creando strumenti che guardino all’operatività quotidiana dei loro clienti, aiutandoli al miglioramento e alla loro crescita professionale. Vedo da anni nascere strumenti destinati all’accettazione per diagnosticare problemi e convertirli in business, ma sono tutti proposti fini a sé stessi, presentati e venduti per vendere uno pneumatico in più, un allineamento in più, nessuno vede in quegli strumenti l’opportunità e la possibilità di far crescere professionalmente il cliente e il destino di questi strumenti, e dei nostri clienti, purtroppo lo vedo segnato. Le attrezzature da destinare all’accettazione per funzionare devono essere complete di tutti gli strumenti, come in uno studio di ortopedia, l’analisi di più diagnosi devono portare a un risultato chiaro che dia indicazioni sul da farsi. L’accettazione specie se in dinamica serve a leggere la “postura” del veicolo!!! Non a vendere pneumatici o tergicristalli, quello che ne scaturisce è una conseguenza.
Leggere la profondità di un battistrada fine a sé stesso per vendere uno pneumatico in più o la geometria per proporre un allineamento non genera business nel lungo periodo e gli strumenti venduti “stand alone” rischiano di perdersi a breve, perché proposti così non porterebbero a un ritorno sull’investimento e sarebbero presto accantonati e inseriti nel museo delle attrezzature. L’accettazione dinamica, dotata di tutti gli strumenti deve diventare un servizio professionale che trasformi l’attività del gommista, del meccanico o del carrozziere in una professione altamente qualificata, il cui core business resti quello della riparazione. Perché è di questo che abbiamo bisogno noi clienti finali. Di professionisti che sappiano diagnosticare e riparare le auto, che sappiano ridurre i consumi della nostra auto e farci guidare in sicurezza.